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CRITICA VINCITRICE PREMIO “LO SPETTATORE CRITICO” 
Stagione teatrale 2023/2024 

Roma, 14/06/2024

Spettatrice vincitrice: Sig.ra Cristina Splendori


Premio: soggiorno di una settimana presso il VILLAGGIO TURISTICO INNAMORATA all’Isola d’Elba nel mese di settembre 2024.

Spettacolo recensito: “RUMORI FUORI SCENA”

in scena dal 21 dicembre 2023 al 21 gennaio 2024

di Michael Frayn

traduzione di Filippo Ottoni

con (in ordine di apparizione) Viviana Toniolo, Carlo Lizzani, Stefano Messina, Chiara David, Virginia Bonacini, Marco Simeoli, Chiara Bonome, Simone Balletti, Roberto Stocchi

regia Attilio Corsini

scene Bruno Garofalo - musiche Arturo Annecchino

produzione Attori & Tecnici

La direttrice artistica Viviana Toniolo ringrazia quanti hanno partecipato a “Lo spettatore critico”: Sono state tante le recensioni meritevoli di vincere questo premio, ma quest’anno per festeggiare il 40° compleanno di RUMORI FUORI SCENA ho deciso di scegliere una tra le ottime critiche che sono arrivate per il nostro cavallo di battaglia, premiando la critica della signora Cristina Splendori. Rinnovo l’invito a cimentarvi con una o più critiche per gli spettacoli prodotti da Attori & Tecnici anche per la prossima stagione 2024/2025.

Di seguito il testo della critica vincitrice:

“Rumori fuori scena”: In un piatto di sardine l’arguta metafora del teatro e della vita

 

Spettatori e attori. In sala e sul palco. In poltrona e dietro le quinte.

Uno spettacolo nello spettacolo, un teatro nel teatro e oltre il teatro, che catapulta pubblico e protagonisti in un intrigante e surreale puzzle di battute e situazioni, capace di mantenere altissimo il grado di concentrazione e rendere perfino e incredibilmente possibile, attraverso un estremo esercizio di logica deduttiva e attenzione ai minimi dettagli, il giusto incastro di tutte le tessere, apparentemente uguali nella riproduzione delle scene e dei soggetti, ma assolutamente differenti per la complessità di assemblaggio.

Questo è “Rumori fuori scena” della compagnia “Attori e Tecnici” del Teatro Vittoria di Roma, commedia metateatrale dello scrittore e drammaturgo britannico Michael Frayn, rappresentata per la prima volta a Londra nel 1982 e portata nel 1983 in Italia al Teatro Flaiano di Roma dal grande attore, regista e drammaturgo Attilio Corsini, giunta quest’anno al quarantesimo anno di ininterrotte gloriose repliche.

Un cast eccezionale composto da straordinari attori (Carlo Lizzani, Stefano Messina, Chiara David, Virginia Bonacini, Marco Simeoli, Chiara Bonome, Simone Balletti, Roberto Stocchi) capitanato da Viviana Toniolo, membro storico della Compagnia ed attuale direttrice artistica del Teatro, da sempre nei panni della signora Clackett, la governante di casa Brent e personaggio principe dello spettacolo, straordinaria “giocoliera” nel prendere e lasciare in scena oggetti stravaganti e piatti di sardine!

Intrigo e satira, finzione e realtà, illusione e stupore, colpi di scena e esilarante divertimento, si intrecciano fino a tessere una raffinata trama narrativa ricca di sequenze e micro-sequenze nelle quali i personaggi di una strampalata e sgangherata compagnia teatrale annegano in un organizzatissimo disordine fisico, mentale e comportamentale che li rende incapaci di rimettere ordine nella scena così come nella vita, lasciandosi andare, attraverso un meccanismo di inconscia autodifesa, ad una irresponsabile e liberatoria sospensione emotiva che permette alla mente di vivere e gestire i suoi spazi personali fuori convenzione e in totale libertà e leggerezza.

Commedia comica e irresistibile, intelligente e divertente, “Rumori fuori scena” è però anche una arguta metafora del teatro e della vita compressa in tre atti concitati, incredibilmente ritmati, fluidi, coinvolgenti e straordinariamente sincronizzati in un continuum di aperture e chiusure di porte che svelano e celano, che scoprono e nascondono errori e debolezze, fragilità e miserie umane, speranze e delusioni, traducendosi attraverso una più profonda analisi, in un importante simbolo di connessione, passaggio, protezione e riflessione.

Uno spettacolo teatrale che ribalta continuamente la scena regalando allo spettatore l’incredibile suggestione illusoria di assistere nel primo atto alle prove generali di uno spettacolo alla vigilia della sua rappresentazione da parte di una Compagnia completamente alla deriva, con attori tesi e

nervosi, che compaiono e scompaiono, che dimenticano e sbagliano battute, con un via vai incessante di piatti di sardine, espediente comico e motore principale di tutta la commedia, ennesima metafora della teatralità della vita e della realtà illusoria del teatro; di trovarsi catapultati nel secondo atto nel back stage del dietro le quinte per vivere l’emozione della messa in scena dello spettacolo totalmente capovolto e compromesso dalle deliranti vicende umane degli artisti alle prese con gelosie, ripicche, inganni, equivoci; di assistere infine nel terzo atto, all’esplosione incontrollata di una realtà che come un macigno si abbatte sulla finzione e se ne impadronisce con violenza patetica, portando tutti i personaggi ad una esasperazione folle e demenziale, che non lascia spazio

nè a vincitori nè a vinti, tantomeno alle sardine oramai spiaccicate sul pavimento, anch’esse vittime di un fallimento collettivo, anche se animate da un ultimo tentativo di ribellione: collocare nel posto giusto l’ultima tessera di un puzzle narrativo teatrale complicatissimo quanto geniale, dagli incastri perfetti e esilaranti, che oltre a grasse risate è riuscito a regalare ancora oggi spunti di analisi e riflessioni profonde e anche amare sulla condizione umana, rivelando la complessità dell’esistenza e la saggezza dell’ultima battuta finale della meravigliosa commedia: “Quando la vita non offre altro che dolori e incertezze, non c’è niente di meglio che un bel piatto di buone… sardine”.

(Cristina Splendori)

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Per la 15a stagione vi proponiamo il Premio “Lo spettatore critico”.

Eterna diatriba dei teatranti: vale di più la critica del pubblico o la critica dei critici? 

Per risolvere il dilemma abbiamo pensato di unire le due cose. 

Ed ecco la proposta: vi invitiamo a cimentarvi come critico di uno o più spettacoli di produzione della Compagnia Attori & Tecnici presenti nel cartellone 2023/2024:

NOVECENTO

MISS MARPLE, GIOCHI DI PRESTIGIO

RUMORI FUORI SCENA

7 MINUTI

GENERAZIONE PASOLINI

Le critiche verranno valutate in base al taglio giornalistico (opinione su testo, messa in scena, attori). 

Il vincitore riceverà in premio un soggiorno di una settimana per due persone nel mese di settembre 2024, nel Villaggio Turistico Innamorata all’Isola d’Elbahttps://www.villaggioinnamorata.it/

Inviate il Vostro scritto a spettatoreQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. oppure potete lasciarlo presso il nostro botteghino. 

Per poter partecipare occorre conservare il biglietto dello spettacolo (non sono validi i biglietti cortesia o omaggio) e inviarlo scannerizzato insieme alla vostra critica.

Criticateci in tanti!

(Ricordiamo che la critica può essere negativa, ma anche positiva!!!)


innamorata 1
innamorata 2

LO SPETTATORE CRITICO 2022/2023

CRITICA VINCITRICE PREMIO “LO SPETTATORE CRITICO” 
Stagione teatrale 2022/2023

Roma, 07/06/2023

Spettatrice vincitrice: Sig.ra Flaminia Zacchilli

Premio: soggiorno di una settimana presso il VILLAGGIO TURISTICO INNAMORATA all’Isola d’Elba nel mese di settembre 2023.

Spettacolo recensito: “MERIDIANI”

in scena dal 9 al 14 maggio 2023

drammaturgia Carlo Galiero

con Giuseppe Brunetti, Loris De Luna, Chiarastella Sorrentino

regia Chiarastella Sorrentino

produzione Attori & Tecnici

La direttrice artistica Viviana Toniolo ringrazia quanti hanno partecipato a “Lo spettatore critico” e vi invita a cimentarvi con una o più critiche per gli spettacoli prodotti da Attori & Tecnici anche per la prossima stagione.

Di seguito il testo della critica vincitrice:

Meridiani – la malinconia magia del tempo che passa

Una volta all’anno, nell’Isola dei Morti, si compie la Notte dei Miracoli. Nel fervore della fiera e nella calca soffocante dei bar sulla spiaggia i defunti riprendono vita e camminano con i viventi per un ultimo saluto o una passeggiata di recupero. Su quest’isola si intrecciano le notti e i destini di Reii e Gigo, una squinternata coppia in crisi di animatori per bambini, e l’archeologo caduto in disgrazia, prossimo alla morte, Dinamo. 

Oggi, Ieri, Domani. Negli anagrammi dei nomi dei protagonisti si racchiudono le tematiche che compongono il cuore di Meridiani, rappresentato dalla compagnia Attori & Tecnici e vincitore della scorsa edizione del Premio Attilio Corsini, per la rassegna Salviamo I Talenti. Uno spettacolo che torna a sorprendere al Teatro Vittoria, provando non soltanto l’efficacia del copione di Carlo Galiero, ma di tutta la narrativa che celebra i rapporti. Umani, metaforici, comunque veri. 

Meridiani è uno di quegli spettacoli che fanno chiedere di più. Fanno immaginare la scena in un contesto più corposo, con scenografie più complete e sfondi cangianti; per poi rendersi conto che no, non ha bisogno di sfondi faraonici per raccontare la sua parabola umana, e anzi è proprio nella genialità della scena spoglia e funzionale, oltre all’uso sapiente degli effetti sonori, che Meridiani diventa immersiva e viva. Un cartello ai neon con scritto APERTO trasporta in un bar, il rumore di un traghetto dà vita a un porto affollato, e una bassa vasca riempita d’acqua trasporta accanto al mare. Non si vede, ma c’è – e buona parte di quella presenza vera si attribuisce agli attori protagonisti. 

La chimica tra i tre interpreti è immediata e subitanea, e le relazioni pericolose, ma incancellabili, che si formano Notte dopo Notte dei Miracoli hanno un sapore dolceamaro che rimane a lungo sulla lingua. A cominciare da Giuseppe Brunetti (L’Amica Geniale, La Vita Bugiarda degli Adulti, Mare Fuori), che interpreta Reii “Charles” con leggerezza disarmante. Un clown ubriaco, smarrito dinnanzi a una vita che gli passa davanti, il cui umorismo pagliaccesco è efficace nei momenti in cui viene usato direttamente, per ridere di lui e con lui, come in quelli in cui la sua natura di maschera si fa troppo palese per essere ignorata. 

La Gigo di Chiarastella Sorrentino (Che Classe!, La Voce Che Hai Dentro) è capricciosa, fermamente incerta, un magnete di attenzioni nella scena come fuori. Sorrentino Compensa una debolezza vocale nelle scene drammatiche – le meno espressive, più meccaniche e cadenzate, del terzetto protagonista – con un’abilità politropa e sorprendente. Canta, balla, fa ginnastica, e nelle scene comiche, a cominciare dall’esilarante (e dolorosamente realistico) siparietto iniziale in cui fa l’animatrice, porta il meglio di sé. Il loro rapporto codipendente e stanco giunge allo zenit con l’arrivo del Dinamo di Loris De Luna (Gomorra, Il Contagio, I Medici – Masters Of Florence): l’archeologo decaduto sfoggia una delicatezza malinconica, disincantata, di chi ha già accettato la fine e non ha paura di guardarla in faccia. Il dolore è mitigato, ma si sente. 

Il filo del rasoio tra tragedia e commedia, tra le canzoncine alternative cantate da Reii – ce ne sono tante, e se dopo la visione avete ancora in testa “siamo belli, siamo snelli, più fantastici che mai” non ne avrete certo da sorprendervi – e l’ultima notte, volontaria, di Dinamo è passeggiato con grazia impalpabile, con un voltafaccia frenetico tra il sorriso e il pianto a volte nella stessa battuta. Ci si commuove, ma senza stucchevolezza. Meridiani, sin dal titolo, è per chi crede di aver perso qualcuno, ma ritrovarsi è possibile: dopotutto è la Notte dei Miracoli. 

I miracoli, certo, durano una notte soltanto, e anche per chi li ha vissuti rimane la certezza che certe cose sono destinate a svanire. Ma proprio per quello sono più preziose; come disse uno dei protagonisti storici di un altro lavoro di De Luna “chi vuol esser lieto, sia/del doman non v’è certezza”. Non c’è felicità completa, all’orizzonte, per gli animatori. Orfani e soli partono e orfani e soli li ritroviamo, in una vita che sfugge e scompare come il loro compagno di avventure.  

Ma si va avanti; verso un domani che non si vede, ma non se n’è mai andato.

 


Per la 14a stagione vi proponiamo il Premio “Lo spettatore critico”.
Eterna diatriba dei teatranti: vale di più la critica del pubblico o la critica dei critici? 
Per risolvere il dilemma abbiamo pensato di unire le due cose. 
Ed ecco la proposta: vi invitiamo a cimentarvi come critico di uno o più spettacoli di produzione della Compagnia Attori & Tecnici presenti nel cartellone 2022/2023:

NON TI SCORDAR DI ME
RUMORI FUORI SCENA
LE SFACCIATE MERETRICI
UNA STORIA SEMPLICE
MERIDIANI

Le critiche verranno valutate in base al taglio giornalistico (opinione su testo, messa in scena, attori). 
Il vincitore riceverà in premio un soggiorno di una settimana per due persone nel mese di settembre 2023, nel Villaggio Turistico Innamorata all’Isola d’Elba.

Inviate il Vostro scritto a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. oppure potete lasciarlo presso il nostro botteghino. 
Per poter partecipare occorre conservare il biglietto dello spettacolo (non sono validi i biglietti cortesia o omaggio) e inviarlo scannerizzato insieme alla vostra critica.

Criticateci in tanti!
(Ricordiamo che la critica può essere negativa, ma anche positiva!!!)

innamorata 1
innamorata 2

CRITICA VINCITRICE Premio “LO SPETTATORE CRITICO” 
Stagione teatrale 2016/2017

 

Roma, 27 giugno 2017

Spettatrice vincitrice: Sig.ra Viola Centi
Spettacolo: “ELETTRA” , regia Giuliano Scarpinato
Produzione: Attori & Tecnici
Premio: soggiorno di una settimana presso il Villaggio turistico Innamorata all’Isola d’Elba nel mese di settembre 2017.

La direttrice artistica Viviana Toniolo ringrazia quanti hanno partecipato a “Lo spettatore critico 2016/17” e invita a cimentarvi con una o più critiche per gli spettacoli prodotti da Attori & Tecnici anche per la prossima stagione.

Di seguito il testo della critica vincitrice:
Mentre il pubblico prende posto nella sala, si percepisce un’aria giovane e giovanile. D’altronde “Elettra” di Giuliano Scarpinato è risultata opera vincitrice al concorso “Salviamo i talenti”, tenutosi nel Giugno scorso, presso il Teatro Vittoria a Roma, che adesso la riaccoglie con entusiasmo. Un testo arduo, quello di Hugo von Hofmannsthal, scritto nei primi del Novecento e imperniato di una profonda analisi psicologica, inevitabile data la contemporaneità della filosofia Freudiana con la composizione del testo teatrale. Un canto d’inizio sancisce l’apertura del sipario che, come il coro greco, introduce a passi lenti lo spettatore nella vicenda. Il sipario, però, non permette la visione della totalità della scena. Rimane a metà, e noi chiamati da spettatori – voyeur ci troviamo spaesati. Aspettiamo. Il tavolo centrale imbandito a festa, come volesse annunciare l’avvento di un pranzo regale, stona con il dramma che da lì a poco avverrà. Amletica citazione questa, che permette una grottesca presentazione di tutti i personaggi. Da Jarry a Charles Perrault, tutti gli innesti di linguaggi, sono volti ad una mediazione ed un’attualizzazione della tragedia. Il dolore muto che logora Elettra, viene condiviso dagli altri giovanissimi attori, che si fanno carico di una vendetta, forse troppo grande. Una scelta eroica. Un contrasto inadeguato, ma che vuole attualizzare quello che accade nella contemporaneità, in un mondo in cui troppo spesso il dolore e la sofferenza gravano sulle spalle di adolescenti ancora fanciulli. Le parole dell’autore austriaco prendono corpo, con grande maestria, il regista cerca di fisicizzarle in ogni personaggio. La cupa atmosfera, non fa che rendere tutto più enigmatico. Cala il mistero, quasi ci ritrovassimo d’improvviso in una sala cinematografica, davanti a uno schermo su cui viene proiettato un thriller intimista. Il ritmo incalzante si alterna a dolci sussurri, pieni di dolore e di astio, in una casa che si fa tempio di odio e di colpa. Un doppio sogno, un’incredulità che insinua il dubbio se ciò che stiamo vedendo non siano fantasmi, che svaniscono dietro ai bianchi teli velati che, sul fondo della scena, obnubilano la vista. Impossibile, infine, ignorare la fratellanza con Fa’afafine, spettacolo di Giuliano Scarpinato, oggetto di grandi polemiche e censure. Entrambi ricerche sull’identità, sull’identità in formazione. Elettra, come Alex di Fa’afafine, è una figlia, e anche lei è una bambina intrappolata nel passato, che non riesce ad uscire dal lutto. Al contrario di sua sorella, Crisotemi, che le si contrappone per il forte legame che ha con la vita.

Viola Centi

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IL VINCITORE DELL'EDIZIONE 2013/14 È IL SIGNOR MICHELE DAU

 

Roma, 26 giugno 2014

Cari spettatori critici,

desidero anzitutto ringraziarvi per la costanza, la dedizione e l’affetto con cui seguite, anno dopo anno, la nostra iniziativa. I miei colleghi ed io siamo rimasti sorpresi di come la qualità delle vostre critiche sia sempre più elevata per stile, forma, acutezza delle osservazioni, obiettività di giudizio, sintesi. Quest’anno, a dire il vero, abbiamo ricevuto una quantità leggermente inferiore di recensioni rispetto al passato, ma è stata ampiamente bilanciata dall’alto livello delle stesse.

La selezione del vincitore è stata tutt’altro che facile. Avete espresso le vostre opinioni su due “classici” della compagnia Attori & Tecnici, il nostro amato “Rumori fuori scena” e “Trappola per topi”, nonché sullo spettacolo vincitore della quinta edizione della Rassegna Salviamo i talenti – Premio Attilio Corsini,  il commovente “Riccardo e Lucia”.  Ebbene, in linea con la nostra politica di dare spazio ai giovani, abbiamo voluto attribuire il nostro riconoscimento proprio a una delle critiche sullo spettacolo dei nostri “giovani talenti”, preferendola ad altre – di pari qualità – che però vertevano sui plurirecensiti “Rumori” e “Trappola”.

Sono quindi lieta di annunciare che il vincitore dell’edizione 2013/14 del concorso “Lo spettatore critico” è il signor Michele Dau, il quale si aggiudica un soggiorno di una settimana nel mese di settembre presso il villaggio turistico “Innamorata” all’isola d’Elba. Sul nostro sito è possibile sin d’ora scaricare e leggere la critica vincitrice, che verrà affissa anche nel nostro foyer.

A tutti i partecipanti va il ringraziamento mio, di tutta la compagnia Attori & Tecnici e dello staff del teatro Vittoria. Mi auguro che anche per la prossima stagione vorrete continuare a seguirci con la stessa passione e che vi cimenterete ancora una volta nei panni di critici.  Noi ce la metteremo tutta per continuare a farvi passare dei bei momenti nel nostro teatro.

Evviva il teatro, evviva il Vittoria!

Viviana Toniolo, direttore artistico del teatro Vittoria

 

 

CRITICA VINCITRICE PREMIO “LO SPETTATORE CRITICO” 
Stagione teatrale 2017/2018

 

Roma, 2 luglio 2018

Spettatrice vincitrice: Sig.ra Eleonora Carletti
Premio: soggiorno di una settimana presso il Villaggio turistico Innamorata all’Isola d’Elba nel mese di settembre 2018.

Spettacolo: UN UOMO È UN UOMO di Bertolt Brecht
in scena dal 17 al 27 maggio 2018
regia Lorenzo De Liberato; con (in o.a.) Tiziano Caputo, Matteo Cirillo, Alessandro De Feo, Agnese Fallongo, Lorenzo Garufo, Stefano Patti, Irene Vannelli, Alessio Esposito, Mario Russo; musiche eseguite dal vivo da Valerio Mele e Mario Russo;
musiche originali Tiziano Caputo; scenografia Laura Giusti; disegno luci Matteo Ziglio
Produzione Attori & Tecnici

La direttrice artistica Viviana Toniolo ringrazia quanti hanno partecipato a “Lo spettatore critico 2017-18” e vi invita a cimentarvi con una o più critiche per gli spettacoli prodotti da Attori & Tecnici anche per la prossima stagione.

Di seguito il testo della critica vincitrice:

Perché Brecht? Cosa spinge un gruppo di giovani attori a portare in scena un’opera minore del drammaturgo tedesco? Quanto può considerarsi attuale quest’opera, concepita quasi un secolo fa in un contesto socio-politico differente da quello odierno?

L’attualità, o forse meglio l’universalità di quest’opera, si coglie fin dalle prime battute della rappresentazione. Un gruppo di soldati, dopo una bravata notturna, non esita un momento a sganciarsi dall’amico e commilitone in difficoltà e a cercare in un altro giovane, un portuale di passaggio, l’uomo da plasmare e piegare ai propri fini. Più che la paura della punizione esemplare, a muovere i soldati è un profondo cinismo e un mancato riconoscimento dei valori della individualità umana.
“Un uomo è nessuno” è il tema dominante della pièce. Viene ripetuto spesso, ogni volta a confermare e rafforzare il messaggio che il singolo, di suo, non ha valore; che l’azione del singolo acquista senso solo quando esso fa parte di un gruppo; che il singolo, perso nella massa, non ha più una sua identità. La guerra, con le sue parole d’ordine e gli ideali sublimi proclamati a gran voce per mascherare spirali di dolore e morte da atti di eroismo, la guerra che miete vittime soprattutto tra i giovani, coloro che più degli altri dovrebbero essere votati alla vita, la guerra ha impoverito questi uomini e li ha resi cinici. E se è vero che la guerra è un momento storico contingente, è anche vero che essa mette in luce le contraddizioni e le forze dominanti dell’essere umano, ed è capace di svelare verità profonde dell’esistenza.

Il teatro didattico e politico del drammaturgo tedesco si esprime sul tema essenziale dell’identità umana, tema filosofico, ma anche sociale e politico, particolarmente sentito in un’epoca in cui in Europa andavano affermandosi i nazionalismi basati sull’identificazione dell’individuo nel gruppo, nella nazione, l’unica capace di sublimare e dare senso alle azioni e alle vite dei singoli. Anche oggi il tema risulta attuale, perché, nonostante le trasformazioni della società, e il lungo periodo di pace cui l’Europa fortunatamente assiste, i meccanismi di massificazione, e di disconoscimento del singolo come persona, sono comunque alla base delle nostre organizzazioni sociali e culturali. L’uomo moderno, non più soldato e patriota, ma consumatore, continuamente asservito ai propri bisogni e schiavo dei propri desideri, viene pilotato e diretto come un burattino, da manipolatori apparentemente più galanti, ma ugualmente oscuri rispetto a quelli del passato.

La chiave di lettura dell’opera è comica e grottesca, a sottolineare per contrasto il senso tragico delle vicende narrate. Gali Gai, il portuale incappato nella trappola dei tre soldati e della spregiudicata locandiera vedova Begbick, nel breve arco della narrazione subisce una trasformazione così repentina e totale, da apparire assurda e irreale. Rinnega sua moglie e tutta la sua vita precedente per delle false promesse, facili da smascherare persino per un bambino. Si fa abbindolare senza opporre alcuna resistenza e, anzi, ad un certo punto trova egli stesso forza e persuasione nella sua nuova identità, definita da un libretto militare, e proclama di essere un altro uomo, con un nuovo ruolo nel mondo e un posto, dal suo punto di vista, di valore e di riguardo.

La scenografia è essenziale. Gli oggetti vengono assemblati a formare le varie scene in composizioni semplici ed efficaci. L’attenzione del pubblico viene spostata dalla scena, priva di orpelli, al testo, portatore di un messaggio forte. I costumi, anch’essi essenziali, presentano molti elementi contemporanei, a sottolineare l’estrema attualità dell’opera. Tutto è pensato per creare quell’effetto di distacco, voluto da Brecht nel suo teatro, che impedisca di oscurare il messaggio dell’opera con la rappresentazione. Gli attori si prendono tutto lo spazio scenico, anche quello della platea, per avvolgere il pubblico in un contesto scenico globale, esortandolo alla riflessione e alla comprensione del messaggio. Ci fanno sentire parte di un mondo, dove uno è nessuno, uno vale l’altro; dove tutti siamo piccole parti di un ingranaggio in cui un uomo può essere montato e rimontato come una macchina, e può perdere completamente la sua identità; dove un uomo può trasformarsi dalla sera alla mattina in qualcun’altro, magari anche in un assassino.

Eleonora Carletti

 

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CRITICA VINCITRICE PREMIO “LO SPETTATORE CRITICO” 
Stagione teatrale 2018/2019

 

Roma, 23 luglio 2019

Spettatrice vincitrice: Sig.ra Anna Rita Scialanga
Premio: soggiorno di una settimana presso il Villaggio turistico Innamorata all’Isola d’Elba nel mese di settembre 2019.

Spettacolo: L’IMPRESARIO DELLE SMIRNE di Carlo Goldoni
in scena dal 27 settembre al 7 ottobre 2018
regia Stefano Massina; con (in o.a.) Nicolas Zappa, Matteo Montaperto, Stefano Dilauro, Chiara David, Andrea Carpiceci, Chiara Bonome, Mattia Marcucci, Virginia Della Casa
Produzione Attori & Tecnici

La direttrice artistica Viviana Toniolo ringrazia quanti hanno partecipato a “Lo spettatore critico 2018-19” e vi invita a cimentarvi con una o più critiche per gli spettacoli prodotti da Attori & Tecnici anche per la prossima stagione.

Di seguito il testo della critica vincitrice:

Un ricco mercante turco giunge a Venezia per mettere insieme una compagnia di cantanti lirici italiani da portare in una favolosa tournée nelle Smirne toponimo con cui un tempo si designava l’odierna Turchia. Tramite il conte Lasca, apparentemente amico degli attori, ma in realtà viscido approfittatore, entra in contatto con un gruppo di teatranti che si riveleranno pettegoli, invadenti, boriosi, intriganti e assetati di danaro, con le primedonne che fanno a gara nell'alzare le loro richieste sparlando ferocemente le une delle altre, fino a mettere in fuga l'aspirante impresario.
L'opera è un affresco satirico del teatro musicale dell'epoca, il graffiante ritratto di una fauna pettegola e capricciosa di virtuose, di improbabili tenori, di maldestri poeti drammatici, che tuttavia conserva una sua attualità riferibile a certi modelli di produzione teatrale dei nostri giorni. E’ un mondo che Goldoni conosce bene e poteva parlarne per fondamento, come lo stesso dichiara nella prefazione dell'opera; l’autore critica con dolore quel mondo da lui tanto amato, sottolineando la disperazione e la malinconia esistenziale dei personaggi, ma non esitando a mettere in luce le stravaganze e le miserie degli artisti per favorire il gioco e l'ilarità.
La regia accorta di Stefano Messina coinvolge lo spettatore; quel cambio di scena che con poche funi e qualche telo ci porta, a sipario aperto, in oriente è veramente affascinante. Brillante la compagnia, imponenti le voci che eseguono dal vivo brani indimenticabili come saltimbanchi che tentano la vita, che inventano il teatro citando le belle parole di Enzo Jannacci, uno dei brani proposto a complemento di un già importante testo, di costumi impeccabili e di una scenografia vivace. Ogni personaggio, dal Turco al servitore, si rivela incisivo, necessario in un divertissement d'ensemble ed è tratteggiato per essere assolutamente insostituibile.
Un testo apparentemente spensierato, ma che fa riflettere sulle difficoltà di soubrette e attori, in cerca di una scrittura per sbarcare il lunario e di impresari impegnati in investimenti sempre più onerosi; più in generale il testo ci invita a riflettere sul teatro che oggi, come e forse ancor di più che nel settecento, fatica ad andare avanti. Ogni teatro in difficoltà dovrebbe indurci a valutare l’importanza dell'Arte e in modo specifico dell'Arte teatrale nella società contemporanea, del ruolo che riveste all'interno di suddetta Arte, l'attore e in quale modo sia possibile riuscire a realizzare spettacoli di grande valore artistico senza adeguate risorse finanziarie.
A teatro sediamo accanto a sconosciuti, rispettiamo il silenzio e non perché non abbiamo niente da dire ma perché ci educhiamo all’ascolto. Stare a teatro, andare a teatro è una palestra di civiltà, un allenamento all’umanità. Non ci rendiamo conto della straordinaria possibilità che ci offre ogni volta da almeno 2.500 anni: STARE INSIEME. Impegniamoci a non far morire alcun teatro perché un teatro che muore è una sconfitta per ciascuno di noi.

Anna Rita Scialanga

 

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CRITICA VINCITRICE PREMIO “LO SPETTATORE CRITICO” 
Stagione teatrale 2021/2022 

Roma, 14/07/2022

Spettatrice vincitrice: Sig.ra Alice Antinucci
Premio: soggiorno di una settimana presso il Villaggio turistico Innamorata all’Isola d’Elba nel mese di settembre 2022.

Spettacolo: “L’opera del fantasma” di Chiara Bonome e Mattia Marcucci
in scena dal 22 dicembre 2021 al 2 gennaio 2022
regia Chiara Bonome

con (in o.a.) Simone Balletti, Chiara Bonome, Valerio Camelin, Chiara David, Sebastian Gimelli Morosini, Mattia Marcucci
Produzione Attori & Tecnici 

Nella selezione della critica vincitrice sono state tenute in considerazione anche le critiche pervenute nelle stagioni 19/20 e 20/21 purtroppo interrotte a causa dell’emergenza Covid. 
La direttrice artistica Viviana Toniolo ringrazia quanti hanno partecipato a “Lo spettatore critico” e vi invita a cimentarvi con una o più critiche per gli spettacoli prodotti da Attori & Tecnici anche per la prossima stagione.

Di seguito il testo della critica vincitrice:

Un regista esaurito, un tecnico “verace”, una compagnia demotivata, tutti troppo distratti da se stessi per riuscire a preparare lo spettacolo ormai prossimo alla prima. Ma per quello che appare un incidente, il regista muore e la compagnia decide di continuare comunque le prove: “the show must go on”.  Ma se già prima le vite dei personaggi, ingarbugliate tra loro più di quanto sembri, impedivano di continuare le prove oltre la scena dello scontro tra Efrem e Von Hofmannsthal, ora il fantasma del regista non fa che rendere ancor più difficile il loro lavoro. Livio infatti non ha abbandonato il palco, ma vi è intrappolato e con sua grande sorpresa, scopre di essere ancora in grado di agire sui suoi compagni, anzi, ora finalmente può far fare loro ciò che vuole. Non è il sogno di ogni regista e drammaturgo? Sì e no, perché questo passatempo divertente e un po’ audace non rimane impunito: il regista scoprirà verità più o meno amare sui suoi compagni. Si rivela così una dualità dello spazio, diviso in quello dei vivi e quello dei morti, fusi e confusi; se da un lato l’assenza di un membro genera un vuoto, i tentativi di aggirarlo sono impediti dalla concreta presenza paranormale dei morti che riescono ad agire su voci e corpi dei vivi. Man mano che si procede nella vicenda, i legami tra i protagonisti si svelano per quelli che realmente erano, talvolta inaspettati, per giungere alla fine ad una situazione alla Agatha Christie, con tutti i personaggi ormai chiusi nello stesso spazio e costretti ad fare i conti con quanto accaduto fino a quel momento. Si amplifica così una nota scura che scorre quasi impercettibile per tutto lo spettacolo. Gli equivoci e le risa nascondevano una realtà cinica, forse malata: nonostante tutti pensino di essere liberi, di stare agendo secondo la propria volontà, ognuno di loro è una pedina di un grande gioco i cui fili sono tenuti da burattinai che finiscono per essere vittime degli eventi generati dal loro tramare.
Lo stesso cinismo lo si ritrova nel modo in cui è raccontata la vita dei teatranti. È un basso costante, non del tutto oscurato dalla frenesia delle scene. La compagnia, che pure, nel suo nucleo fondamentale, sembra avere una vita piuttosto lunga, collabora per uno scopo comune che è quello della fama, il solo vero interesse, associata per paronomasia alla fame, altro concetto che da sempre accompagna la figura del lavoratore del teatro. La morte porta like, promesse di partecipazione all’evento, popolarità. E non è forse questo che sogna chi calca il palco, il fine ultimo di attori e registi (e di chi lavora con loro)? E se le vicende personali vanno lasciate fuori dal teatro perché portarsele in scena è poco professionale, allora il perdono tra i singoli lascia il tempo che trova. Non è la persona che conta, ma il suo solo contributo, in quanto membro della compagnia, al raggiungimento della fama e dell’immortalità che questa concede; ironico come l’unico modo sia il trapasso, il sacrificio ultimo che è chiesto ai protagonisti dalla mente perversa che ordisce l’intrigo. 
Il ritmo incalzante della commedia non lascia mai indietro lo spettatore, che se anche dovesse perdersi, viene prontamente recuperato dagli attori. I morti infatti, per quanto confinati nel solo spazio del palcoscenico, sono gli unici a rompere in qualche modo la quarta parete, intavolando un dialogo con gli spettatori e creando per loro uno spettacolo che sembra raggiunge il musical e il cabaret nel momento in cui Livio e Achille fanno cantare e ballare gli attori. Il tocco “teatrale” che porta gli attori quasi sulla ribalta, con lo sguardo rivolto al fondo del teatro e può disturbare, seppur lievemente, alcuni spettatori, si fa coerente nel momento in cui i morti cominciano a far vivere la scena secondo il loro gusto. Numerose diventano a questo punto le citazioni, che non sono mai a caso, citazioni per citazioni, ma in linea con il carattere e i gusti dei personaggi che le realizzano, il che le rende ancor più apprezzabili dagli spettatori.
L’allestimento scenico, quello dello spettacolo di Livio, è semplice ma d’effetto. I lampadari appesi al soffitto creano uno spazio chiuso, ma ampio, nel quale lo spettatore trova spazio per immergersi e lasciarsi trasportare nella vicenda, aiutato in questo processo dalla potenza vocale degli attori e dall’uso degli spazi di platea e galleria. 
Nulla è particolarmente originale, né la scenografia né le musiche né l’idea di portare in scena una compagnia sconclusionata, eppure non si scade mai nella banalità o nel cliché, merito un testo brillante che si appoggia a una regia dei movimenti piuttosto complessa. Gli attori riescono a mantenere viva l’attenzione per tutto lo spettacolo, creando un’energia turbinante, che tira a sé gli spettatori e non permette loro di accasciarsi sulla poltrona. Questi morti, più vivi dei vivi, trascinano il pubblico nella loro danza convulsa, lasciandolo soddisfatto e ancora allegro quando le luci si accendono e si torna a casa.

Alice Antinucci

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