CRITICA VINCITRICE PREMIO “LO SPETTATORE CRITICO”
Stagione teatrale 2017/2018
Roma, 2 luglio 2018
Spettatrice vincitrice: Sig.ra Eleonora Carletti
Premio: soggiorno di una settimana presso il Villaggio turistico Innamorata all’Isola d’Elba nel mese di settembre 2018.
Spettacolo: UN UOMO È UN UOMO di Bertolt Brecht
in scena dal 17 al 27 maggio 2018
regia Lorenzo De Liberato; con (in o.a.) Tiziano Caputo, Matteo Cirillo, Alessandro De Feo, Agnese Fallongo, Lorenzo Garufo, Stefano Patti, Irene Vannelli, Alessio Esposito, Mario Russo; musiche eseguite dal vivo da Valerio Mele e Mario Russo;
musiche originali Tiziano Caputo; scenografia Laura Giusti; disegno luci Matteo Ziglio
Produzione Attori & Tecnici
La direttrice artistica Viviana Toniolo ringrazia quanti hanno partecipato a “Lo spettatore critico 2017-18” e vi invita a cimentarvi con una o più critiche per gli spettacoli prodotti da Attori & Tecnici anche per la prossima stagione.
Di seguito il testo della critica vincitrice:
Perché Brecht? Cosa spinge un gruppo di giovani attori a portare in scena un’opera minore del drammaturgo tedesco? Quanto può considerarsi attuale quest’opera, concepita quasi un secolo fa in un contesto socio-politico differente da quello odierno?
L’attualità, o forse meglio l’universalità di quest’opera, si coglie fin dalle prime battute della rappresentazione. Un gruppo di soldati, dopo una bravata notturna, non esita un momento a sganciarsi dall’amico e commilitone in difficoltà e a cercare in un altro giovane, un portuale di passaggio, l’uomo da plasmare e piegare ai propri fini. Più che la paura della punizione esemplare, a muovere i soldati è un profondo cinismo e un mancato riconoscimento dei valori della individualità umana.
“Un uomo è nessuno” è il tema dominante della pièce. Viene ripetuto spesso, ogni volta a confermare e rafforzare il messaggio che il singolo, di suo, non ha valore; che l’azione del singolo acquista senso solo quando esso fa parte di un gruppo; che il singolo, perso nella massa, non ha più una sua identità. La guerra, con le sue parole d’ordine e gli ideali sublimi proclamati a gran voce per mascherare spirali di dolore e morte da atti di eroismo, la guerra che miete vittime soprattutto tra i giovani, coloro che più degli altri dovrebbero essere votati alla vita, la guerra ha impoverito questi uomini e li ha resi cinici. E se è vero che la guerra è un momento storico contingente, è anche vero che essa mette in luce le contraddizioni e le forze dominanti dell’essere umano, ed è capace di svelare verità profonde dell’esistenza.
Il teatro didattico e politico del drammaturgo tedesco si esprime sul tema essenziale dell’identità umana, tema filosofico, ma anche sociale e politico, particolarmente sentito in un’epoca in cui in Europa andavano affermandosi i nazionalismi basati sull’identificazione dell’individuo nel gruppo, nella nazione, l’unica capace di sublimare e dare senso alle azioni e alle vite dei singoli. Anche oggi il tema risulta attuale, perché, nonostante le trasformazioni della società, e il lungo periodo di pace cui l’Europa fortunatamente assiste, i meccanismi di massificazione, e di disconoscimento del singolo come persona, sono comunque alla base delle nostre organizzazioni sociali e culturali. L’uomo moderno, non più soldato e patriota, ma consumatore, continuamente asservito ai propri bisogni e schiavo dei propri desideri, viene pilotato e diretto come un burattino, da manipolatori apparentemente più galanti, ma ugualmente oscuri rispetto a quelli del passato.
La chiave di lettura dell’opera è comica e grottesca, a sottolineare per contrasto il senso tragico delle vicende narrate. Gali Gai, il portuale incappato nella trappola dei tre soldati e della spregiudicata locandiera vedova Begbick, nel breve arco della narrazione subisce una trasformazione così repentina e totale, da apparire assurda e irreale. Rinnega sua moglie e tutta la sua vita precedente per delle false promesse, facili da smascherare persino per un bambino. Si fa abbindolare senza opporre alcuna resistenza e, anzi, ad un certo punto trova egli stesso forza e persuasione nella sua nuova identità, definita da un libretto militare, e proclama di essere un altro uomo, con un nuovo ruolo nel mondo e un posto, dal suo punto di vista, di valore e di riguardo.
La scenografia è essenziale. Gli oggetti vengono assemblati a formare le varie scene in composizioni semplici ed efficaci. L’attenzione del pubblico viene spostata dalla scena, priva di orpelli, al testo, portatore di un messaggio forte. I costumi, anch’essi essenziali, presentano molti elementi contemporanei, a sottolineare l’estrema attualità dell’opera. Tutto è pensato per creare quell’effetto di distacco, voluto da Brecht nel suo teatro, che impedisca di oscurare il messaggio dell’opera con la rappresentazione. Gli attori si prendono tutto lo spazio scenico, anche quello della platea, per avvolgere il pubblico in un contesto scenico globale, esortandolo alla riflessione e alla comprensione del messaggio. Ci fanno sentire parte di un mondo, dove uno è nessuno, uno vale l’altro; dove tutti siamo piccole parti di un ingranaggio in cui un uomo può essere montato e rimontato come una macchina, e può perdere completamente la sua identità; dove un uomo può trasformarsi dalla sera alla mattina in qualcun’altro, magari anche in un assassino.
Eleonora Carletti